Sei in : Home / SPORTELLO MENSE BIO / COMUNI E DECISORI ISTITUZIONALI
Il Piano d’Azione per la sostenibilità dei consumi nel settore della Pubblica Amministrazione, PAN GPP, aggiornato con D.M. 10 aprile 2013 pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio 2013, definisce nelle Specifiche tecniche del capitolo “Produzione delle derrate alimentari” che:
Almeno il 60 % delle derrate (in termini di peso) dovrà essere reperita tra quelle considerate maggiormente green.
In particolare:
• Frutta, verdura e ortaggi, legumi, cereali, pane e prodotti da forno, pasta, riso, farina, patate, polenta, pomodori o prodotti trasformati, latte UHT, yogurt, uova, olio extravergine d'oliva dovranno provenire per almeno il 40% da produzione biologica e per almeno il 20% da “sistemi di produzione integrata”, da prodotti IGP, DOP e STG.
I prodotti ortofrutticoli dovranno essere stagionali, rispettando i “calendari di stagionalità” definiti da ogni singola stazione appaltante.
• Carne deve provenire per almeno il 15% in peso totale da produzione biologica e per il 25% da prodotti IGP e DOP.
• Il pesce per almeno il 20%, espresso in percentuale di peso totale, da acquacoltura biologica.
In Umbria negli ultimi anni diversi comuni e comitati mensa impiegano, con crescente progressione, prodotti biologici:
Introdurre alimenti dell’agricoltura biologica nel menu, è un’operazione che non si limita alla sostituzione di prodotti convenzionali con quelli bio, ma che va inquadrata in un’attenzione generale al “sistema menù” nel suo complesso, ai consumi e agli sprechi, ai rifiuti e ai gusti individuali, agli aspetti sensoriali e alle risposte della collettività.
Oltre alle scelte personali che i consumatori effettuano in ambito familiare, la scelta del bio a scuola e quindi dei consumi collettivi, investe competenze in ambito produttivo e di tutela del territorio, di educazione e rispetto per l’ambiente.
PROCEDURA PER L’AFFIDAMENTO DEL SERVIZIO
L’affidamento del servizio di ristorazione scolastica avviene tramite l’appalto del servizio o di una parte ad un soggetto privato.
La sua qualità dipende, quindi dalla capacità dell’ente di ottenere le migliori condizioni possibili per quanto riguarda la fornitura e i rapporti che si possono stabilire con il soggetto incaricato.
L’incarico può essere affidato tramite due sistemi:
La procedura aperta risponde meglio alle esigenze delle Amministrazioni quando i servizi richiesti hanno una notevole dimensione e complessità. In questo modo si permette una massima visibilità del bando e si promuove la concorrenza tra le imprese che hanno maggiore esperienza tecnica ed economico finanziaria
L’articolo 3 del D.lgs. 163/2006 definisce “negoziate” le procedure in cui "le stazioni appaltanti consultano gli operatori economici da loro scelti e negoziano con uno o più di essi le condizioni dell’appalto”. La procedura negoziata (come avvenuto nel Comune di Spoleto), permette un confronto diretto con i partecipanti al bando, che nel caso di realtà meno complesse e di più piccole dimensioni permette una minore impegno amministrativo e una migliore organizzazione del servizio.
In questo caso la trasparenza , l’imparzialità e la concorrenza possono essere soddisfatte da una gara ufficiosa, con l’emissione di un bando e la conseguente definizione dei criteri e delle modalità di confronto delle offerte e l’invito ad almeno cinque concorrenti.
L’aggiudicazione degli appalti può avvenire attraverso due modalità:
La valutazione del servizio offerto è generalmente preferibile ad una gara al massimo ribasso, perché stimola le imprese a elaborare proposte migliorative. Un prezzo troppo basso favorirebbe offerte anomale che si tradurrebbero in una gestione sofferta del servizio o potrebbe indurre ad una mancanza di concorrenti nella fase di gara.
Per questo, seguendo le regole dei GPP, Green Public Prucurement nella stesura del bando si dovrebbe stabilire due ordini di criteri:
Alcune di queste “varianti migliorative “ possono riguardare:
- la qualità delle materie prime (prodotti da agricoltura biologica, equo e solidale, la filiera corta, i prodotti DOP o IGP, la freschezza degli alimenti);
- la qualità del servizio (modalità organizzativa, tipo di gestione dei rifiuti, degli sprechi ecc)
- altre attività (progetti di educazione alimentare, variazioni nei menù)
È importante condividere concetti e definizioni in relazione alle filiere produttive, dalla produzione primaria al consumo, e costruire tavoli di lavoro che mettano in comunicazione tutti i soggetti della ristorazione: per corrispondere meglio alle richieste di prodotti a filiera corta o a Km 0, biologici e non, occorre istituire tavoli di concertazione fra imprese biologiche, società di ristorazione collettiva e amministrazioni.