COMUNICATO STAMPA
La buona educazione alimentare si impara a scuola?
In Italia pare di no.
Per AIAB le nuove linee guida per la ristorazione che negano il valore del BIO sono
un terribile autogol
“Il bio nella ristorazione collettiva oltre a essere una tutela per i più piccoli è un’occasione per fare educazione ambientale oltre che alimentare. Perché il governo sceglie di andare nella direzione opposta?”
Roma, 20 gennaio 2020 – Mentre in Europa si lancia il Green New Deal, in Italia il Ministero della Salute esprime un sostanziale NO al biologico nelle nuove linee guida per la ristorazione scolastica.
Una follia, se consideriamo la necessaria inversione di tendenza chiesta a tutto il Pianeta per contrastare il cambiamento climatico che deve partire proprio dai metodi di produzione del cibo nonché dall’educazione alimentare e ambientale dei più piccoli.
Spiace enormemente constatare come venga ignorato il lavoro svolto in tutti questi anni da Comuni, Enti Pubblici Istituzioni, Associazioni del Bio, Commissioni, Ministeri stessi per definire e promuovere un modello di ristorazione collettiva sano, sostenibile e legato al territorio e certificato, in linea con le indicazioni europee in tema di sostenibilità.
Certo nel documento si parla di rispettare le caratteristiche merceologiche degli alimenti previste dai Criteri Ambientali Minimi (CAM) ma il biologico è trattato in modo confuso, non ne viene riconosciuto né il valore nutrizionale definito un falso mito, né la sicurezza alimentare data da assenza di residui e di pesticidi, non viene inoltre riconosciuta la garanzia della certificazione e il contributo ambientale di lotta ai cambiamenti climatici.
Non è la stessa cosa parlare di prodotti tipici, di filiera corta, di produzione integrata e di produzione biologica, è profondamente sbagliato metterle sullo stesso piano soprattutto poiché il servizio è destinato a una fascia di popolazione più fragile per età o per motivi di salute.
Del tutto ignorata inoltre la collaborazione tra istituzione e rappresentanti del mondo della produzione biologica, indispensabile per costruire sul territorio la fornitura bio, stagionale e di qualità richiesta e di prevenire carenze distributive o sprechi.
Viene di fatto scarsamente valorizzata la legge sulle “Mense biologiche certificate”, la prima iniziativa che ha investito economicamente in questa direzione, riconoscendo il lavoro svolto nel nostro paese da Comuni, genitori, cuochi e produttori e confermando e valorizzando l’azione dei CAM.
L'Italia per prima ha abbinato i prodotti biologici alla mensa scolastica fin dalla fine dagli anni 80, diventando stimolo e modello per molti altri, come testimoniano le molte collaborazioni di Aiab a livello nazionale e internazionale nella promozione e inserimento dei prodotti bio nei capitolati delle mensa, nelle numerose visite internazionali di istruzione del modello biologico italiano organizzate da AIAB. Non da ultimo l’intervento di AIAB/FIRAB nei paesi Baschi che ha contribuito a modificare la legge sulla ristorazione collettiva basca. Inoltre, AIAB e FIRAB hanno aperto i lavori della prima Giornata internazionale dell’alimentazione scolastica sana e sostenibile,“I Jornadas Internacionales de Alimentación Escolar Sana y Sostenible – GOZO”, tenutasi a Bilbao lo scorso ottobre.
Lo scarso approfondimento delle schede 6 e 7 testimonia l'assenza della rappresentanza della produzione biologica al gruppo di lavoro e la vaghezza per non dire assenza di criteri stringenti sul tema.
Anche nei criteri di valutazione troviamo elementi confusi come quelli etico-culturali identitari del territorio senza citare quali siano gli strumenti di certificazione e controllo.
E' di fatto ignorato il ruolo dell'agricoltura biologica nazionale in Europa, primo paese per numero di agricoltori e trasformatori, seconda per superfici dedicate ecc. e il suo potenziale in termini sociali, nutrizionali e ambientali.
“Imparare a mangiare rispettando la propria salute e anche quella del pianeta è una priorità assoluta – dice Antonio Corbari, presidente di AIAB – e la scuola ha una grandissima responsabilità perché è lì che i bambini possono imparare il valore del cibo e il suo rapporto con l’ambiente. Senza poi considerare gli effetti benefici che può avere l’assunzione, sin dalla giovane età di alimenti più sani coltivati con metodo biologico”.
Valorizzare l’agricoltura biologica nella ristorazione collettiva oltre ad essere una tutela per i destinatari del cibo è un modo per sostenere e rafforzare un metodo di produzione certificato e che fa bene all’agroecosistema: un’occasione per fare educazione ambientale oltre che alimentare.
“Queste linee guida – continua Corbari – ci sembrano ignorare questi principi e sono senz’altro un brutto scivolone del nostro governo e nello specifico del ministero che dovrebbe occuparsi di tutelare la salute sei suoi cittadini, che evidentemente oltre a non essere a conoscenza delle evidenze scientifiche degli effetti dei pesticidi sui più piccoli, sembra non tenere in nessun conto la direzione che l’Europa ha appena indicato.
Non solo ignora il Green New Deal da poco lanciato ma anche il fatto che per la riforma della PAC si discute di favorire lo sviluppo dell'agricoltura biologica come strumento di contrasto ai cambiamenti climatici. Insomma l'inserimento di prodotti biologici nella ristorazione collettiva è volano di sviluppo soprattutto locale, di un metodo che garantisce prodotti sani e buoni per chi li mangia e per l'ambiente in cui sono coltivati. Ci domandiamo: Qual è la ragione per andare nella direzione opposta a questi principi?".
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